SALUTE E SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO IN VENETO

Pubblicato da Stefano Dal Pra Caputo il

Indagine di Fondazione Corazzin: 3 lavoratori su 100 denunciano infortuni, doppi gli infortuni gravi rispetto ai mortali, crescono le malattie professionali. Infortuni mortali: più colpiti gli stranieri, i 55-64enni, i settori costruzioni, trasporto, agricoltura e manifatturiero, i territori del Veronese e Veneziano.  GIANFRANCO REFOSCO, segretario generale Cisl Veneto: «C’è un trend di calo, ma resta ancora troppo lento: serve cambiare il passo e invertire la rotta».

Mestre-Venezia, 12 marzo 2024 – 3,15 lavoratori e lavoratrici ogni 100 hanno denunciato nel 2023 infortuni subiti nei luoghi di lavoro: in lieve calo rispetto all’anno precedente, come lo è anche il loro valore assoluto e gli infortuni mortali. Ma i numeri continuano a restare davvero allarmanti, ancor più se guardati alla luce di un trend che nell’ultimo decennio rimane purtroppo sempre costante. Quelli con esito mortale contano nello specifico una maggiore incidenza tra gli occupati stranieri rispetto a quelli italiani; vedono più colpiti la fascia di età dai 55 ai 64 anni, per lo più uomini, e i settori costruzioni, trasporto, agricoltura e manifatturiero; tra i territori più critici il Veronese e il Veneziano. E ancora, a fronte di un incidente con esito mortale riconosciuto quasi altri due infortuni hanno causato medie o gravi menomazioni con impatto irreversibile sulle persone.

Ad analizzare i dati regionali 2023 di Inail, rielaborandoli con focus specifici e leggendoli anche alla luce dei trend dell’ultimo decennio, è la ricerca di Fondazione Corazzin, centro studi di Cisl Veneto, presentata oggi in anteprima in conferenza stampa nella sede del sindacato a Mestre, nell’ambito della mobilitazione nazionale di Cisl per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro.

«L’analisi dei dati, che fa emergere un lento e progressivo calo degli infortuni in relazione al numero di occupati, ci fa capire che l’impegno messo in campo dal sindacato nei posti di lavoro può dare risultati importanti – ha spiegato Gianfranco Refosco, segretario generale di Cisl Veneto –. Pure l’aumento delle denunce di malattie professionali testimonia oltre a un aumento dei rischi, , crediamo, una crescita di consapevolezza di chi lavora, maturata anche con l’azione informativa del sindacato. Ma resta in termini assoluti alto il numero di infortuni denunciati, che rischia di “cristallizzare” la situazione, e non si è ancora riusciti a ridurre in misura significativa gli infortuni gravi e mortali. Ciò significa che quanto fatto finora non è bastato. È il momento di cambiare passo in modo deciso, come si continua a chiedere con forza, per imprimere una reale e incisiva inversione di rotta che ancora non si vede».  «Emergono con evidenza alcune aree di maggiore criticità e insieme si intravvedono gli spazi possibili di azione – ha detto ancora –: a partire dalla formazione, senz’altro da potenziare rispetto a specifiche fasce di età, precisi settori e ai lavoratori stranieri, dall’importanza della vigilanza e dallo spazio di partecipazione e codecisione dei rappresentanti dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro».

Simili riflessioni nascono guardando gli infortuni con esito mortale: se escludiamo quelli in itinere, sono stati 72 nel 2023 con una contrazione del 12,2% rispetto al 2022 (82 casi), maanche qui allargare lo sguardo all’ultimo decennio ci rivela che, tolti i casi per Covid, la media si aggira intorno alle 80 vittime annue, pur all’interno di un trend con piccole oscillazioni annuali. 

E c’è un altro elemento di indagine approfondito da Fondazione Corazzin particolarmente significativo e spesso invece trascurato: quello degli infortuni gravi, causa di importanti menomazioni che impattano pesantemente sull’autosufficienza della persona e sulla sua famiglia, oltre a comportare costi sociali e sanitari. Gli ultimi dati Inail disponibili, del 2022, dicono che i casi riconosciuti con una menomazione superiore al 26% – ovvero “con danno biologico permanente in grado di ridurre in modo definitivo e non recuperabile le funzionalità della persona lesa” – sono quasi il doppio rispetto a quelli con esiti mortali riconosciuti: ben 158 a fronte di 84.

Rispetto ai territori, ancora, è Verona la provincia più colpita da infortuni nel 2023 (14.132), seguita da Vicenza (13.457) e Padova (13.200); mentre riguardo gli infortuni con esito mortale nello specifico, Verona rimane sempre al primo posto (32 casi), poi Venezia (20) e Treviso (17). 

L’età, il sesso, la nazionalità di lavoratori più colpiti nel 2023.

Il focus dell’indagine dedicato al profilo sociodemografico delle vittime (sempre secondo i dati delle denunce di Inail 2023) ci consegna altre informazioni di valore sul versante degli interventi più urgenti, ad esempio in termini di prevenzione e formazione. È più soggetta a infortunio la fascia di età 45-54 anni che subisce ben il 23,14% del totale infortuni, seguita dagli under 25 (21,73%) e 25-34 anni (18,47%). Per gli infortuni mortali invece è la fascia tra i 55-64 anni a registrare il maggior numero di denunce pesando per il 36,63% sui totali, seguita dai 45-54enni (21,78%) e dai 35-44enni (14,85%).

Osservando la distribuzione per genere, risulta come gli infortuni denunciati, anche con esito mortale, accadano per la maggior parte a lavoratori uomini, dato molto probabilmente connesso a una maggior presenza maschile nei settori produttivi più fragili: sono denunciati da loro il 66,71% degli infortuni, mentre se si guarda agli infortuni mortali la percentuale sale addirittura al 94,06%.

Infine,rispetto alla nazionalità (distinguendo tra italiani e stranieri, come da dati Inail), nel 2023 le denunce di infortuni da parte di lavoratori stranieri sono state il 26,19% del totale, a fronte del 22,52% dell’anno prima, mentre gli infortuni mortali denunciati costituiscono ben il 31,68%, attestandosi a 32 vittime nel 2023: numero che registra un rilevante aumento del 6,67% rispetto all’anno precedente, a fronte del calo del 30,3% per i lavoratori italiani. Ma colpisce ancor più l’incidenza delle denunce di infortuni da parte di lavoratori stranieri rispetto al numero degli occupati, guardando al 2022, ultima annualità disponibile: pari al 7,47%, ossia più del doppio di quella calcolata per i lavoratori italiani (3,47%).

I settori e gli ambiti di attività più fragili

Sono per l’82,79% del totale relative ai lavoratori della macrocategoria dell’industria e dei servizi le denunce di infortuni 2023 (57.654), per il 14,0% di dipendenti delle pubbliche amministrazioni (9.756) e per il 3,21% di lavoratori del settore agricolo (2.233). Sui 101 totali, ben 90 i casi mortali di industria e servizi, 8 in agricoltura e 3 nella pubblica amministrazione. Guardando poi alle specifiche attività economiche e produttive (codici Ateco), a registrare le più alte numerosità di denunce, sempre nel 2023, sono la fabbricazione di prodotti in metallo, i lavori di costruzione specializzati e la fabbricazione di macchinari e apparecchiature, il commercio al dettaglio e all’ingrosso (dalla grande distribuzione al piccolo negozio, passando per l’autofficina di riparazione auto), l’assistenza sanitaria. Per gli infortuni mortali, troviamo al primo posto i lavori di costruzione specializzati e trasporto terreste e trasporto mediante condotte.

È la fabbricazione di prodotti in metallo a vedere il maggior numero di infortuni denunciati da parte di lavoratori di nazionalità straniera, pari all’8,71% del totale denunce infortuni da parte di questi dipendenti, seguita dalle attività di magazzinaggio e di supporto ai trasporti (pari al 5,05%) e i lavori di costruzione specializzati (4,87%), tutti settori che di fatto vedono una maggiore occupazione da parte di lavoratori stranieri.

Le malattie professionali: quelle denunciate, quelle riconosciute

Lettura specifica come sempre chiedono le malattie professionali, le cui denunce sono passate da 3.919 nel 2022 a 4.633 nel 2023, ossia 2,1 lavoratori e lavoratrici ogni mille, con un aumento del 18,22%: dato che fa ipotizzare in positivo una crescente sensibilità e consapevolezza sul tema, dovuta anche a una maggiore attenzione da parte dei patronati sindacali. Poco più della metà (51,77%) delle malattie professionali denunciate nel 2022 (ultimo dato disponibile) è stata riconosciuta, dato in calo rispetto al precedente anno che registrava una percentuale del 61,87%. Da sottolineare che le denunce di malattie professionali con decesso del lavoratore sono state nel 2022 (ultimo dato disponibile) ben 67, con un incremento del 26,42% rispetto all’anno precedente, un numero allarmante, molto vicino a quello delle vittime di infortuni mortali in occasione di lavoro.

La conferenza stampa ha dato voce ai segretari generali regionali di alcune delle categorie più colpite.

«Tanto di più si può e si deve fare per il settore da noi rappresentato, che figura da sempre tra i più colpiti – ha affermato Francesco Orrù, segretario generale di Filca (Federazione italiana Lavoratori Costruzioni e affini) Cisl Veneto –. Queste le nostre proposte prioritarie: l’introduzione di una certificazione delle imprese che premi le “buone” ed estromette le “cattive”, ossia quelle che non rispettano le regole, l’applicazione esclusiva del contratto collettivo nazionale dell’edilizia per tutti i lavoratori presenti nei cantieri edili, l’estensione delle normative degli appalti pubblici anche ai lavori privati, il rilancio delle figure dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriale (rlst), e infine senz’altro più controlli e pene più severe per chi mette a rischio la vita dei lavoratori». 

«L’importante lavoro di ricerca ci consegna una fotografia del nostro territorio che, anche sui temi di salute e sicurezza, si dovrà sempre più impegnare in percorsi di formazione e consapevolezza per imprese e lavoratori ‒ ha commentato Giovanni Battista Comiati, segretario generale di Fisascat (Federazione italiana sindacati Addetti servizi commerciali affini e Turismo) Cisl Veneto ‒. Grande attenzione va riservata anche ai settori che non sono percepiti come pericolosi, ma vedono rilevanti i numeri di infortuni anche gravi. Questo vale in particolare per il settore in espansione del “terziario di mercato”, comprendente molti codici Ateco del commercio e dei servizi ma anche aziende del macrogruppo del turismo, che possono rappresentare sia aziende grandi e strutturate che piccole o piccolissime. Rilanciare l’azione dei comitati misti paritetici e dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, anche territoriali, sarà una prerogativa della nostra azione».

«Sul rilevante aumento degli infortuni nella sanità negli anni 2020-2022 evidentemente hanno pesato i casi Covid, a seguito della specifica norma di legge che in caso di contagio prevedeva il configurarsi di “infortunio” per i lavoratori del settore – ha sottolineato Marj Pallaro, segretaria generale di Fp (Federazione della Funzione pubblica) Cisl Veneto ‒. In generale però l’ambito sociosanitario soffre l’età media avanzata dei suoi addetti e la continua fatica fisica richiesta nell’attività di assistenza, aggravata da un appesantimento dei carichi di lavoro dovuto alla nota carenza di personale, da lungo tempo evidenziata. Questo comporta casi frequenti e in aumento di problemi muscolo-scheletrici che si traducono in infortunio».

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